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Intervista al chiodatore – Fabio Ventre
                   

Pubblicato il 08 - 03 - 2022 | Di M. Barbero

Intervista al chiodatore – Fabio Ventre

Conosciamo meglio chi chioda le nostre vie

Per fortuna esistono loro: i chiodatori. È il caso di Fabio Ventre a cui abbiamo fatto qualche domanda dopo che ha chiodato e aperto insieme a Mauro Ventre e Mirko Vigorita “Finché fuori fa giorno a casa non ci torno”, 7a 6b obb.

In azione su Finché fuori fa giorno a casa non ci torno. Intervista con il chiodatore
I primi tiri vista cascata

Tutto è iniziato in una calda giornata di agosto, ero andato per il mio compleanno a fare la ferrata di Foresto con la mia ragazza visto che non l’aveva mai percorsa prima e ci tenevo a farle vedere il magnifico ambiente dell’Orrido in cui è inserita.

Così mentre percorrevo la ferrata per l’ennesima volta, e dopo essermi pure ghisato nel tratto strapiombante, mi guardavo intorno in cerca di roccia da scalare. Sapevo che la bella parete triangolare del Truc San Martino non aveva nessuna via sul giallo, ma solo due vie di Grassi sui facili speroni di destra, quindi la mia attenzione era rivolta alla parte bassa, per vedere se esisteva un collegamento con la pala finale.

Scattai alcune foto e tornai a casa: il tarlo nella testa aveva già iniziato a martellare e fu così che pochi giorni dopo mi trovai armato di trapano con mio padre ad aprire dal basso i primi tiri. Giocato il jolly di mio padre dovevo trovare qualcuno con cui condividere il faticoso progetto visto che si prospettavano diverse giornate di duro lavoro e tante incognite. 

Chiamai subito Mirko, socio di numerose alpinate, che entusiasta di aprire dal basso per la prima volta decise di buttarsi nel progetto. 

Sono quindi seguite diverse giornate di apertura alternando momenti faticosi dove mi maledivo di non essere andato a scalare in falesia senza nessun peso all’imbrago a momenti di grande soddisfazione, come ad esempio quando abbiamo capito che la linea scelta è scalabile e tacca dopo tacca, permette di arrivare in cima su difficoltà omogenee.

Non sono ovviamente mancati gli intoppi, infatti per finire gli ultimissimi tiri della via ed evitare di scalare per l’ennesima volta la parte bassa con i pesanti sacchi, avevamo deciso di scendere dall’alto passando dalla strada per Catteissard lasciando tutto in cima. Purtroppo ci siamo accorti salendo che avevamo portato pochi spit quindi abbiamo dovuto forzare l’uscita in cima facendo l’ultimo tiro con i soli 4 spit rimasti (le volte successive abbiamo integrato gli spit mancanti).

E’ stata una bella sfida riuscire a trovare un percorso logico e fattibile fino in cima e ora che è pulita e ha già visto delle ripetizioni non possiamo che esserne soddisfatti.

La parete ha ancora molte possibilità, abbiamo già iniziato a lavorare a un progetto che promette difficoltà molto elevate, stay tuned!

Truc San Martino - Relazione. Intervista con il chiodatore

Parliamo un podi chi chioda e non solo delle sue “creature”. Cosa fai nella vita di tutti i giorni e come nasce la tua passione per la roccia?

Riguardo la mia passione, direi che ha origini piuttosto lontane, ho la fortuna di avere entrambi i genitori scalatori quindi sin da piccolo mi hanno portato in montagna a camminare e arrampicare facendomi innamorare di questo ambiente.

Di recente ho anche scovato delle foto di mio padre che mi faceva arrampicare anche se a momenti non avevo ancora imparato a camminare! 

Crescendo la passione si è consolidata e ho continuato a fare salite, nel mio piccolo, sempre più impegnative e ad esplorare nuovi posti. Ho iniziato l’attività come istruttore alla Scuola Gervasutti di Torino e negli anni ho potuto conoscere tantissime persone con la stessa passione con cui sono riuscito a condividere bellissime giornate come quelle che hanno portato alla creazione di questa via. Ho scoperto che anche insegnare alle persone che si approcciano per la prima volta al mondo della montagna è molto bello e appagante!

Nella vita di tutti i giorni faccio un normale lavoro da impiegato come ingegnere per una grossa casa automobilistica e più recentemente sono entrato come volontario nel Soccorso Alpino.

Come mai chiodare dal basso? Impossibile fare altrimenti o scelta stilistica?

Sicuramente è stata una scelta etica ma anche una scelta dettata dalla voglia di mettersi in gioco. Aprire dal basso richiede uno sforzo mentale notevole e visto che è tutto incognito bisogna anche avere un certo fiuto su dove andare per evitare di rimanere bloccati da difficoltà insormontabili.

Tuttavia la voglia di me e Mirko di mettersi in gioco e migliorare era alta quindi ci siamo decisi per aprire in questo stile che è anche molto più divertente e dà più soddisfazione, soprattutto quando riesci finalmente a rinviare lo spit appena piantato e sei contento di non essere volato sul cliff mentre trapanavi!

Personalmente concepisco l’apertura dall’alto solo in falesia o in particolari contesti più sportivi dove si cerca la massima difficoltà e quindi salire dal basso diventa molto difficile. In questo caso salire dal basso ci è parsa la scelta più naturale, inoltre è anche molto più facile scegliere il percorso più logico e evidente rispetto a uno che si cala dall’alto. 

Come ci si sente dopo aver chiodato una nuova via,  tra l’altro in un territorio ricco di importanza per arrampicata, sapendo che diventerá una nuova attrazione per molti climbers?

Siamo molto soddisfatti del lavoro fatto e avendo investito molto tempo in questa via siamo contenti che sia già stata ripetuta e apprezzata da forti scalatori e con grande esperienza di apertura. La Val di Susa si conferma una valle ricca di sorprese e con grande potenziale anche dopo che è stata esplorata in largo e in lungo da generazioni di scalatori.

Su questa parete ad esempio c’erano due vie di Grassi sui facili speroni di destra ma nessuna via superava direttamente il muro giallo finale. Ora non mi stupirei e sarei anche molto contento se venissero valorizzate le numerose possibilità presenti sul Truc San Martino!